Chiesa campestre di S. Maria di Sibiola
A circa 3 km. da Serdiana in una zona piano-collinare circondata da oliveti sorge l'antica Chiesa di Santa Maria di Sibiola , uno dei capolavori di arte romanica costruiti in Sardegna dai monaci benedettini dell’Abbazia di San Vittore di Marsiglia, tra la fine dell'XI e i primi anni del XII secolo. Situata in una piccola altura fra colline coltivate a vigneti e ad oliveti là dove, con ogni probabilità, sorgeva un antico centro agricolo guidato dagli stessi monaci. L’arrivo dei monaci Vittorini contribuì notevolmente allo sviluppo del villaggio.
Da un documento dell’Archivio di Pisa riguardante il dominio pisano nel Cagliaritano, si evince che Sibiola viene accreditato come il più ricco villaggio tra tutti quelli riportati. Lo si può desumere dai tributi che venivano versati. Il numero di 258 starelli di grano e altrettanti di orzo indicano un tenore di vita decisamente elevato, sul quale andava a incidere la presenza dei monaci Vittorini o un numero considerevole di abitanti(*).
Quando la Sardegna passò nelle mani dei catalano-aragonesi, il grosso centro di Sibiola fu dato in concessione a Giacomo Burgues, il quale doveva fornire al sovrano ogni anno un cavallo amrato per tre mesi(*).
Dopo il 1355 la famiglia Burgues vendetto il villaggio al Fisco, e poi venne successivamente concesso al feudatario Berengario d’Entensa(*).
(*) F. Floris “Feudi e feudatari in Sardegna” – Cagliari 1996
Ipotesi sul nome
Per quanto riguarda il nome é difficile stabilirne con certezza l'origine perché non ci sono documentazioni specifiche a riguardo. Tra le ipotesi c'è quella linguistica che fa derivare il nome Sibiola o Sipiola a qualche espressione latina, in seguito volgarizzata, facendo riferimento alla terminazione olla da olea o dall'eroe Jolao; e quella storica che accomuna il nome Sibiola a quello della Sibilla ipotizzando la sacralità attraverso il culto della famosa profetessa. Comunque entrambi le ipotesi sono da ritenersi discutibili.
Stile
L'edificio, di modeste proporzioni è costruito in arenaria. Esso presenta una pianta a due navate diseguali, ognuna con la propria abside semicircolare e il proprio ingresso, divise da ampie arcate poggianti su pilastri cruciformi. Il prospetto è incorniciato da due paraste ai lati e da una serie d’archetti pensili. Nella parte superiore della facciata, sulla quale si aprono una monofora e una bifora che danno luce alle navate, vi sono delle listature trachitiche delimitate da una serie di coppelle circolari un tempo rivestite da ceramica policroma e da un rosone a disegno geometrico floreale. Caratteristica la scala in muratura, per l’accesso al tetto, incorporata sul lato sinistro della chiesa e retta da mensoloni, che ricordano la struttura nuragica . Presumibilmente, poiché in un recente intervento di restauro, si è trovato un bacile in arenaria con canaletta di scolo (altare sacrificale ?) e altri reperti litici databili al periodo nuragico, l’edificio è sorto sulle basi di un altro tempio come "luogo alto".
Esterno: Facciata
La facciata è costituita da conci squadrati di diverso colore; in uno di questi c'è una scritta, ormai consumata dal tempo in cui si ritiene che sia incisa l'espressione latina "IN NOMINE DOMINI ET MARIAE" (Nel nome del signore e di Maria). Nella parte superiore della facciata sulla quale si aprono una monofora ed un elegante bifora che danno rispettivamente luce alle navate di sinistra e di destra, si notano delle listature trachitiche delimitate da una serie di coppelle circolari, un tempo rivestite in ceramica policroma secondo un gusto decorativo caratteristico di queste chiese, riscontrabile anche nel piccolo rosone, policromo e a disegno geometrico floreale, situato al centro della facciata stessa. Sempre nella facciata troviamo due portali ad arco.
Fianchi e parte posteriore
I lati e la zona absidale esterni sono molto semplici e rifiniti con paraste e con una cornice (ad archetti poggianti su peducci scolpiti a motivi zoomorfi, fitomorfi e geometrici) in tutto simile a quella della facciata. In particolare il lato sinistro presenta una caratteristica scala in muratura che permette l'accesso al tetto, retta da mensoloni infissi nel muro che ricordano le scalinate interne dei nuraghi. Questo lato inoltre presenta una stretta monofora centinata. Il lato destro è contraddistinto da un portale sovrastato da una stretta monofora. Posteriormente si presentano due absidi: una maggiore e l'altra minore; la luce proviene da una monofora situata nell'abside maggiore e da due oculi disposti nel frontone.
Interno
L'interno è suddiviso in due navate da ampie arcate poggianti su pilastri crociformi sui quali scaricano il loro peso le volte in pietra rimarcate da tipici archi traversi; cornici, mensole e lesene sottolineano l'articolazione delle masse con suggestivi chiaroscurali. Le mensole risultano variamente decorate: una con ovuli classicisti, un'altra con tre foglie d'acanto e l'ultima con due ucceli disposti frontalmente ad una coppa (iconografia tipicamente bizantina). Il rivestimento interno è in mattoni di arenaria. L'arredo è tipico delle chiese romaniche del XII secolo: nella navata maggiore è presente un unico altare sovrastato da un crocifisso ligneo; mentre nell'abside minore in una nicchia si ha la statua di Sant'Anna con Maria Bambina. In passato, all'uscita della chiesa, si trovava una pila acquasantiera originale ai canoni dell'arte romanica; ma dal 1898 è stata trasferita nella chiesa parrocchiale del S.S. Salvatore mentre dietro l'altare, era collocato un retablo del XV secolo intitolato "Il giudizio universale"; oggi si trova presso la Pinacoteca Nazionale di Cagliari.
Attualmente il Comune sta realizzando, nell’area circostante il tempio, un Parco tematico per la valorizzazione del monumento e delle tradizioni locali. L’iniziativa intende stimolare, sia l’avvio d’attività promozionali per l’agricoltura e la pastorizia per la valorizzazione dell’economia tradizionale, sia le attività culturali, sportive e di svago con la realizzazione di percorsi a cavallo , piste ciclabili e un campo di minigolf.
L’accesso al Parco e all’area esterna al Sagrato è libero; l’interno della Chiesa è invece visitabile su richiesta, anche telefonica, al Parroco o agli Uffici Comunali.
Retablo
Le due tavole superstiti dell'originario retablo di Santa Maria di Sibiola risalgono alla fine del 1400 e sono oggi conservate presso la Pinacoteca Nazionale di Cagliari dove erano state portate alla fine degli anni venti, per il restauro. Originariamente si pensa fossero collocate dietro l'altare come era tradizione presso la scuola pittorica spagnola. L'opera, in seguito ad una vasta critica, è stata attribuita al Maestro di Olzai, anonimo pittore sardo, autore di un'altra opera conservata ad Olzai di cui ha preso l'appellativo. E’ ormai opinione comune che il maestro sia da identificare, come propone il professor Ainaud De La Sarte, in Lorenzo Cavaro della scuola cagliaritana di Stampace, dove i Cavaro lavorarono per diverse generazioni e di cui furono i maggiori esponenti, raggiungendo un buon nome e un discreto seguito. Secondo un altro studioso, il professor Carlo Aru, vero iniziatore della storia dell’arte in Sardegna, il Maestro di Olzai sarebbe identificabile con il capostipite Antonio Cavaro, padre di Lorenzo e lo vedrebbe rappresentato proprio con le due tavole provenienti dalla chiesa di Santa Maria di Sibiola. L’opera dimostra che, a prescindere dalle identificazioni proposte, il nostro Maestro subì l’influenza della pittura catalana in particolare del pittore conosciuto con il nome di Maestro di Castelsardo che lavorò a lungo in Sardegna. L’ammirazione del Maestro di Olzai si deduce dalle tavole di Sibiola dove risaltano elementi che sono propri del Maestro di Castelsardo.
La tavola che si trovava alla sinistra rappresenta, dal basso, il “Giudizio Universale” impostato su tre livelli: L’Inferno con l’illustrazione delle pene ai dannati. Nel livello centrale, il Purgatorio, sono presenti San Michele Arcangelo e la Madonna in veste di mediatrice tra i peccatori e Cristo. In quello superiore, il Paradiso, un gruppo di anime con due angeli che suonano la tromba in preghiera ai piedi del Salvatore raffigurato tra Santi e inserito nel solito contorno a mandorla ad indicare la presenza di Gesù a coloro che arrivano in Paradiso. Nella parte alta del riquadro è rappresentata “L’Annunciazione” con l’Arcangelo Gabriele che annuncia a Maria la nascita di Gesù e in alto a sinistra il Signore che invia lo Spirito Santo. L’altra tavola, nel riquadro in basso, raffigura due santi il cui culto era molto diffuso all’epoca: San Matteo e Sant’Antonio Abate. Nel riquadro superiore è raffigurata, in modo abbastanza scarno, una “Adorazione dei Magi” con un piccolo edificio a tetti spioventi e uno scorcio di paesaggio. Il retablo di Santa Maria ha in definitiva la stessa funzione della pittura religiosa del Medioevo nata con lo scopo principale di divulgare le storie del Salvatore, della Madonna e dei Santi.
Benché, come prima accennato, l’originale del retablo non sia fruibile, è tuttavia possibile ammirare una copia a grandezza naturale presso la sala consiliare del nostro Comune.
Data di ultima modifica: 19/10/2016